Features

 

Il firmamento musicale classico ha le sue stelle: pianiste come Martha Argerich, le tante “lolite del violino” oggi cresciute e venerate, come Hilary Hahn e Julia Fischer, ovviamente le étoile del balletto, da Alessandra Ferri a Svetlana Zakharova. Ma le vere dive sono le cantanti liriche: le valchirie di inizio ’900 come la Nilsson, il mito Callas e la “rivale” Tebaldi, in tempi più recenti Mirella Freni e Kathleen Battle. E oggi Diana Damrau. Se gli eredi di Pavarotti e Domingo hanno il volto fotogenico e il timbro inconfondibile di Juan Diego Florez e Jonas Kaufmann, tra le ugole femminili troneggiano sovrane Cecilia Bartoli e la Damrau. Tipica bellezza teutonica, capelli biondissimi e fisico statuario, il soprano bavarese è acclamato nei templi della lirica mondiale, dal Metropolitan di New York alla Scala, dove fu protagonista nella memorabile riapertura del Piermarini dopo i restauri con l’Europa riconosciuta di Salieri. Era il 2004, ma Damrau lo ricorda ancora bene.


«Si respirava un’atmosfera incredibile, di tensione e di eccitazione così alte che non ne ho più provate.  Avevamo gli occhi di tutto il mondo musicale puntati addosso, lavorare con Muti alla riscoperta di un’opera totalmente sconosciuta fu un’esperienza straordinaria».

Oggi?

Percepisco attenzioni e tensioni diverse: so di essere attesa e so che il pubblico pretende sempre il massimo da me. In questi giorni sto cantando ancora alla Scala e, dopo aver fatto per vent’anni Susanna nelle Nozze di Figaro, impersono per la prima volta in carriera la Contessa.

Scelta artistica o tempo che passa?

Mah, forse ho sempre l’età sbagliata: quando ho iniziato ero troppo giovane, ma adesso, a 45 anni, mi sa che sono troppo vecchia anche per la Contessa.

Intervista: Giornale del Popolo